Il saluto romano è una componente fondamentale della gestualità dei totalitarismi di destra dello scorso secolo e ancora oggi è un tratto distintivo di chi si rifà a quella realtà. Nella propaganda di regime, il braccio teso era indicato come la ripresa di un gesto tipico dell’Antica Roma, un saluto ufficiale rivolto alle autorità. Ma queste affermazioni affondano le loro radici nella realtà storica o sono frutto di un mero equivoco?
Le fonti a nostra disposizione propenderebbero per la prima ipotesi. Sappiamo infatti che i militari portavano la mano destra all’altezza dell’elmo, mentre fra amici e parenti erano comuni baci e abbracci. Gli sposi, invece, all’atto del matrimonio si stringevano la mano destra. Nessuna traccia, dunque, del fantomatico saluto romano.
Può trarre in inganno un gesto che a noi contemporanei pare simile, ma che ha tutt’altro significato. È infatti comune trovare statue di imperatori romani con il braccio destro proteso in avanti all’altezza del busto, con il gomito leggermente piegato e il dito indice in avanti. Tale gestualità è invece parte dell’adlocutio, ossia l’usanza di compiere un discorso formale alle truppe schierate prima di una battaglia, per incitarle. Il gesto raffigurato nella statuaria era dunque quello compiuto dall’imperatore per prendere la parola e iniziare l’arringa.
Da dove nasce, quindi, l’equivoco contemporaneo? Probabilmente per colpa di Jacques Louis David, pittore francese vissuto fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento noto per aver rappresentato iconiche scene della Rivoluzione francese e dell’età Napoleonica, tra cui la morte di Marat e l’incoronazione di Bonaparte. In una delle sue opere più celebri, Il giuramento degli Orazi del 1784, egli si cimentò nella trasposizione su tela di un leggendario episodio della storia di Roma Antica, lo scontro fra tre fratelli romani, gli Orazi, e tre fratelli della rivale città di Alba Longa, i Curiazi. In questo quadro, David raffigura i tre Orazi che prima di partire per lo scontro giurano dinnanzi al padre facendo il saluto romano. Da lì questa leggenda si diffuse grazie alla letteratura e al cinema, per poi venire strumentalizzata nel Novecento.