Ci troviamo a Firenze nel 1537. Nella notte tra il 6 e il 7 gennaio Lorenzino de’ Medici attira con l’inganno suo cugino Alessandro, tiranno di Firenze, e commette il suo brutale assassinio. Le motivazioni del nostro cesaricida, protagonista delle Idi di Marzo di Firenze, erano eterogenee e non sono comprensibili alla luce di una semplice rivalità familiare. Ma chi era Lorenzino?
Prima di tutto è necessario sottolineare che il giovane rampollo Medici non era esponente del ramo principale della influente famiglia, bensì di quello popolano. Diversi atti vandalici fecero emergere subito la natura violenta del ragazzo, ragion per cui gli venne presto affibbiato l’eloquente epiteto di “Lorenzaccio“. È probabile che Lorenzino non riuscì mai ad accettare il carattere meno prestigioso del proprio rango, e in cerca di riconoscimenti, si macchiò dell’omicidio del cugino allo scopo di emulare gli eroi classici Bruto e Cassio.
Tuttavia, a motivare la congiura non c’era solamente invidia e desiderio di rivalsa personale. Da anni ormai, Alessandro de’ Medici governava Firenze alla maniera di un despota, scavalcando le istituzioni e commettendo soprusi ai danni dei cittadini e della Repubblica. L’atto di Lorenzino può quindi essere inquadrato come un’azione di salvaguardia dei valori di libertà e giustizia, o almeno è lui a parlarne in questi termini. Dopo l’assassinio egli scrisse infatti l’Apologia, dove si proclamava fautore della Repubblica fiorentina, denunciando invece Alessandro come brutale tiranno. Ma quali furono de facto le conseguenze delle improprie Idi di Marzo (di gennaio) fiorentine?
Sicuramente l’eliminazione del despota Medici non sortì gli effetti sperati dal congiurato. Una volta estintosi il ramo principale della famiglia, il dominio passò nelle mani di Cosimo I che governò Firenze ancor più ferocemente. Il movimento antimediceo di cui Lorenzino stesso era un esponente rimase deluso nelle sue aspirazioni libertarie, ciononostante non cessò di ordire trame di rivolgimento politico per buona parte del Cinquecento. Ma cosa successe a Lorenzino subito dopo questo coraggioso atto sovversivo?
Naturalmente, fuggì. Si recò prima a Venezia, sotto la protezione di Filippo Strozzi. Successivamente giunse a Costantinopoli, dove svolse un incarico diplomatico presso la Corte di Solimano il Magnifico, il sovrano ottomano che all’epoca rappresentava la più grande minaccia per la cristianità, e quindi per l’Europa intera. Dopo Costantinopoli, si nascose in Francia. Anche qui cercò l’appoggio di un altro grande monarca, vale a dire Francesco I. Una volta tornato a Venezia nel 1548, Lorenzino fu ripagato con la sua stessa moneta. La sua vita si spense tragicamente nel campo di San Giovanni e Paolo, per mano di due sicari.
L’identità del mandante fu per secoli motivo di grande dibattito. In parte lo è ancora oggi. All’inizio i sospetti caddero su Cosimo I, che doveva essere sicuramente desideroso di eliminare un parente assai più che scomodo. Da studi recenti è emersa però l’innocenza del signore di Firenze, e si sottolinea maggiormente il ruolo che l’imperatore Carlo V, suocero di Alessandro, svolse nella vicenda. È plausibile che nel desiderio di vendicare l’assassinio di suo genero, fu lui a rintracciare Lorenzino e a ordinare il suo omicidio.