Uno dei più antichi insediamenti norreni di Svezia, se non il più antico in assoluto, è quello di Birka, sull’isola di Björkö. Le prime tracce della sua fondazione risalgono all’VIII secolo d.C. e denotano una notevole importanza commerciale del porto affacciato sul lago Mälaren, il terzo più grande del territorio scandinavo. Su questa presunta centralità si ipotizzava solamente, almeno sino al tardo Ottocento, quando un entomologo alla ricerca di insetti fossilizzati non si imbatté in un qualcosa come 3.000 e passa sepolture vichinghe d’eccezionale valore. Tra queste ce ne era una in particolare, visibilmente più fastosa e ben curata delle altre, che gli esperti collegarono irrimediabilmente ad un guerriero del passato, appunto il “Guerriero di Birka“. L’archeologia avrebbe smentito tutti, creando un peculiare precedente nel mondo scientifico.
Hjalmar Stolpe, l’entomologo di cui sopra, illustrò con schizzi e disegni più o meno accurati quanto emerso dalle ricerche. Le testimonianze grafiche (poi certificate da indagini più recenti) descrivevano la tomba del “Guerriero di Birka” come una sepoltura capiente. Al suo interno vi era uno scheletro, delle armi bianche come una spada, una lancia, un’ascia, in aggiunta ad uno scudo, una freccia e un pugnale. Comunque il “guerriero” (tra poco capirete le virgolette) se ne andò in buona compagnia.
Nella sepoltura, Stolpe – e tutti coloro che lo succedettero nelle indagini – annotò la presenza di resti ossei animali. In ordine: il cranio di uno stallone e di una cavalla, ossa di pennuti di diverso tipo e grandezza. Tra teschi e coltelli, i ricercatori scovarono anche una sorta di “scacchiere” con delle pedine. Questo era un antico gioco di strategia bellica in voga presso i vichinghi (ve ne abbiamo parlato in un apposito articolo). La sua presenza indicava lo spessore militare dell’individuo sepolto.
Trascorsero i decenni e nessuno ebbe la volontà di indagare più a fondo sui dettagli della scoperta, dando tutto per certo e credibile. Negli anni ’70 dello scorso secolo, un’indagine multidisciplinare sentenziò come forse il combattente fosse una guerriera. Nessuno però approfondì quei risultati, derubricandoli ad ipotesi poco credibile. Allora erano ancora in pochi a sostenere la veridicità della presenza femminile tra i bellicosi ranghi vichinghi. Le donne, in quell’ampio e inesplorato mondo norreno, potevano al massimo assurgere al ruolo di Valchirie, ma si restava nell’ambito del mitico, dell’ultraterreno. Una donna guerriera? No, impossibile…
Anna Kjellström, osteologa presso l’Università di Stoccolma, nello scorso decennio ha riproposto la teoria scartata negli anni ’70. Una teoria supportata persino da un semplice esame visivo. Troppo sottili e larghi gli zigomi, così come troppo “generose” erano le dimensioni del bacino. La Dottoressa Kjellström ha insistito nel procedere con il test del DNA, test che nessuno aveva mai pensato prima di eseguire perché “dai, il guerriero di Birka è per forza un uomo, non potrebbe essere altrimenti”. E invece…
Risultato dell’esame: nessuna traccia del cromosoma Y. Sepolta sontuosamente sull’isola di Björkö per più di un millennio era una guerriera vichinga valorosa e rispettata dall’intera comunità. Nel frattempo la ricerca storiografica e archeologica in questo campo ha ricondotto sotto la luce del sole innumerevoli evidenze sulla presenza femminile tra i guerrieri norreni. Certo, non erano la maggioranza e non erano una consuetudine, ma rappresentavano una realtà non ignorabile. Come accaduto con il caso degli “Amanti di Modena”, l’archeologia smentisce tutti.