È il 5 marzo del 1946, il conflitto più grande della storia si è appena concluso e al Westminster College Wiston Churchill, uno dei “Tre Grandi” del conflitto sta tenendo un discorso. Pronuncia delle parole pesanti come un macigno che generano una metafora che rimarrà scritta nella storia: “Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente“. L’Europa è divisa, il mondo sembra in pace, ma le cose andranno in maniera un po’ più complessa di così.
Quella cortina, simbolo della divisione bipolare in due blocchi ideologicamente contrapposti sarà una cesura netta. Una divisione tangibile e inscindibile per diversi decenni. Familiari, amici e conoscenti divisi, luoghi così vicini nello spazio che appaiono irrimediabilmente persi e irraggiungibili. Questo è quello che si stabilì in Francia con il Trattato di Parigi. Il settimo comma era chiaro, ci sarebbe stata una divisione.
Si parlò di una cesura fra i blocchi 54 e 49. Numeri, si parlò di numeri. Ma dietro quelle cifre vi erano persone, moltissime vive, altre defunte. Ed il caso volle che proprio il cimitero di Merna vi si trovasse in mezzo. La cittadina jugoslava di Miren (o Merna appunto) era al confine con l’Italia, proprio dove quella Cortina di Ferro tirava una linea di separazione. Noi e voi, Oriente e Occidente.
Per ben 29 anni, dal 1947 al 1976, il cimitero era diviso in due parti. Due cippi e del filo spinato segnavano un confine invalicabile. Quella terra divenne meta ambita anche per chi, oppresso dal comunismo dell’est, cercava riparo in Occidente. Ma si dimenticava una cosa di fondo: si trattava pur sempre di un cimitero, di defunti e di cordoglio per delle vittime e delle perdite personali.
Moltissime furono le persone che, per una pura casualità e per delle linee tracciate come se si trattasse di una banale disegno su un foglio bianco, furono separate dai loro cari. Per trent’anni la storia fu questa, la politica e gli interessi internazionali oscurarono il lato personale dell’esistenza. Sfera privata totalmente subordinata a quella politica, dolore personale sottomesso al gioco delle parti.
Ancora oggi nel cimitero si trova una stanza adibita a museo con fotografie e monete dell’epoca. Il nome è significativo: “Spomni se name” ovvero “Ricordati di me“. Questa infatti è una pagina di storia buia ma da ricordare. La guerra finì ma i suoi strascichi proseguirono, e alcuni fecero molto male.