La Sicilia, storica terra di culture, tradizioni e fedi diverse. Una commistione perfetta che rende ancora oggi splendida l’isola baciata dal sole. Testimonianze di quella congiunzione affiorano costantemente, arricchendo con regolare cadenza un patrimonio storico già unico nel suo genere. L’ultima scoperta a livello cronologico si inserisce perfettamente in tal contesto: nell’archivio Diocesano di Trapani, studiosi e ricercatori dell’Università Statale di Milano, dell’Archivio Diocesano e del Museo San Rocco di Trapani hanno messo mano ad un raro frammento del Corano risalente al IX secolo d.C.
La datazione, già confermata, rende la scoperta “da record“. Si tratta infatti della più antica testimonianza scritta d’origine musulmana in Sicilia. Casuale, come spesso accade, è stata la scoperta. Il frammento fungeva da “copertina” per un registro matrimoniale di metà Cinquecento inerente l’area di Calatafimi. Tuttavia quella pergamena in pelle di pecora, la sua evidente antichità, i vistosi caratteri di un arabo remoto, hanno instillato il dubbio nella mente dei più attenti.
Partite le indagini, si è capito come quella non fosse una semplice “copertina” esotica ed orientaleggiante. Giuseppe Mandalà, docente di Storia dei Paesi Islamici presso l’Università Statale di Milano, ha potuto constatare come i caratteri presenti sul reperto fossero in stile cufico.
Lo stile calligrafico della lingua araba prende il nome dalla città di Kufa (Cufa in italiano, situata nell’odierno Iraq). Nell’allora importantissimo centro culturale Omayyade si stava iniziando ad elaborare la più antica struttura grammaticale dell’arabo. Parliamo del periodo a cavallo tra VII e VIII secolo d.C.
L’incrocio di dati temporali ha evidenziato come il frammento coranico ritrovato nell’archivio diocesano trapanese risalisse per forza di cose al periodo della dominazione musulmana in Sicilia. Ed è bene specificare come si tratti di uno spaccato temporale povero di fonti scritte saracene. Quelle postume sono rare, figuriamoci quelle coeve, pressoché introvabili.
Il professor Mandalà ha svolto un lavoro certosino, traducendo alcuni versetti del testo. La traduzione verte sulla sura delle Api (Corano, XVI: 8-11): “E il tuo Signore ispirò alle api: dimorate nelle montagne, negli alberi e negli edifici degli uomini … Scaturisce dai loro ventri un liquido dai diversi colori, in cui c’è guarigione per gli uomini”. Di fatto il testo, incentrato sull’insegnamento del Profeta, evidenzia l’importanza e la straordinarietà del potere curativo del miele.