Preziose testimonianze di un passato in larga parte incompreso permettono ai Messapi, antico popolo stabilitosi grosso modo nell’odierno territorio pugliese nell’VIII secolo a.C., di tornare in auge. L’archeologia è la chiave di tutto, ancora una volta. I risultati analitici del progetto di scavo condotto a Vaste, frazione di Poggiardo (LE), terminato lo scorso novembre 2023, permettono all’intera comunità di approfondire un pezzo di storia della regione. La campagna appena citata, l’ultima cronologicamente parlando, è il punto d’approdo di un processo lungo 50 anni circa.
La Soprintendenza di Taranto fu la prima a compiere degli scavi in loco a metà anni ’70 del Novecento. Da quel tentativo remoto di conoscere un meraviglioso e affascinante passato sepolto, si è giunti all’incredibile scoperta di cui voglio rendervi partecipi. Lampanti sono le evidenze archeologiche sull’esistenza di un edificio di culto messapico sotto i resti plurisecolari di una chiesa paleocristiana. Il plauso per la scoperta va all’Università del Salento, operativa da diversi anni nell’area di Fondo Giuliano (provincia di Lecce).
Prima di addentrarci nell’inedito mondo dei Messapi, bisogna fornire qualche spiegazione sul come si è giunti al formidabile ritrovamento. Gli operatori lavoravano in realtà all’approfondimento di carattere archeologico di un edificio paleocristiano dotato di area cimiteriale estesa. Nella sezione nord della basilica del VI secolo d.C., chi di dovere ha rintracciato testimonianze di una civiltà molto più remota, antecedente (e di molto) alla nascita di Cristo. Il ritrovamento trova concreta espressione grazie all’analisi stratigrafica: essa evidenzia la figura di un edificio a pianta rettangolare, privo di un piano di calpestio.
I blocchi della basilica tardoantica poggiano su strati rocciosi lavorati dai Messapi secoli e secoli prima. In realtà la teoria per la quale le diverse strutture paleocristiane poggiassero su un substrato più antico e formalmente utilizzato fino all’evoluzione politica/religiosa dell’area è sempre stata più di una semplice supposizione. La scoperta di Vaste non fa altro che certificare quanto presupposto solo a livello teorico. All’interno della recinto in pietra gli archeologi hanno rinvenuto anche dei manufatti del VI–V secolo a.C., tipici dell’epoca messapica arcaica. La loro utilità presumibilmente religiosa lascia intendere come il luogo avesse una valenza cultuale già per i Messapi. Questa si trasferì per osmosi ai successivi dominatori romani, pagani e cristiani in seguito.
Il sito di Vaste ci dice che in quell’esatto quadrante la gente messapica rispettava il culto per una delle divinità del loro Pantheon. Esso era influenzato in modo rilevante da quello greco. Detto ciò, chi erano i Messapi? Questa popolazione proveniente dall’Illiria, suddivisa nelle tribù dei Peucezi e dei Dauni, si stabilì nel centro e nel nord dell’odierna Puglia, occupando gran parte del Salento. Accomunati da un idioma comune, il messapico, dal VII secolo a.C. in poi iniziarono a differenziarsi sul piano culturale, etnico e politico.
La stratificazione dei Messapi non passò inosservata. Prima gli scrittori greci (Strabone ad esempio), poi quelli latini, presero a suddividerli in altre tribù più piccole e contraddistinte. E quindi abbiamo testimonianze letterarie sull’esistenza dei Iapigi, Dauni, Peucezi e Messapi. Tali nomi comunque erano comuni agli osservatori esterni, non ai medesimi gruppi, che piuttosto preferivano spartirsi in due tronconi: uno a nord (Calabri per i romani) e uno a sud dell’Apulia romana post riforma augustea (Sallentini).