In Romania conservano un buon ricordo di lei. Tra un paragrafo e l’altro sarà facile comprendere perché. Maria di Sassonia-Coburgo-Gotha non fa in tempo a nascere il 29 ottobre del 1875 che si ritrova tra le minuscole mani un titolo nobiliare di tutto rispetto: Duchessa di Edimburgo. Eh sì, perché la piccola Maria è una delle tante (ma non per questo ignorabili) figlie dell’alta aristocrazia europea tardo ottocentesca. Un circolo destinato al potere, destinato al trono, poi di quale paese non importa. E invece ai genitori di Maria, soprattutto sua madre la Granduchessa Marija Aleksandrovna di Russia (figlia dello Zar Alessandro II e genera della Regina Vittoria), il paese d’approdo reale contava eccome.
Non è un caso che la giovanissima Maria, colta e perspicace come poche altre, non andasse in sposa al futuro Giorgio V d’Inghilterra, suo cugino tra l’altro (un po’ perché all’ortodossia impartita non andava a genio il matrimonio tra consanguinei, un po’ perché legarsi agli Stati tedeschi in quel momento storico non era proprio il massimo della convenienza). Alla fine, con il classico incastro degli interessi politici e internazionali, Maria di Sassonia-Coburgo-Gotha convogliò a nozze con il principe ereditario di Romania, Ferdinando di Hohenzollern-Sigmaringen. Un matrimonio a tavolino, fortemente voluto dall’allora re rumeno Carlo I, tirannico per natura in famiglia quando si trattava di stabilire relazioni e consolidarne altre. Tradotto: a Maria era concessa la frequentazione di pochi amici, sarebbero bastati.
Seppur Maria e Ferdinando non si amassero davvero, la collaborazione tra “amici” funzionò. Le pomposa cerimonia ebbe luogo il 10 gennaio 1893. Bene, il primo figlio, il futuro Carlo II, nacque esattamente 9 mesi dopo. La Duchessa di Edimburgo divenne madre per altre cinque volte, ma quella vita di corte così stretta e asfissiante non dava il giusto valore alla sua voglia di spaccare il mondo. Una volontà sincera, che si materializzava per mezzo di relazioni extra-coniugali (da capire se presunte oppure veritiere) e amicizie particolari per l’epoca; vedasi il legame d’affetto con Loie Fuller, la danzatrice/attrice americana dichiaratamente omosessuale, capostipite della moderna concezione di danza.
Come sempre mi piace sottolineare, qualunque essere umano vive un momento di svolta nella propria esistenza, l’esatto istante che definisce il corso della vita futura e retroattivamente spiega il vissuto sperimentato. Quel momento per Maria si spalmò dal 28 giugno 1914 all’ottobre dello stesso anno. Una direttrice spazio-temporale che collegava Sarajevo a Sinaia e che sentenziava il radiante futuro della non più principessa, ma regina consorte. Carlo I di Romania allo scoppio della Grande Guerra ebbe la brillante idea di affiancarsi agli Imperi Centrali. La morte forse lo colse impreparato nell’ottobre del 1914. Ferdinando salì al trono seduta stante e, sospinto neanche troppo gentilmente dalla moglie nata in Inghilterra, scombinò i piani del padre. La Romania entrò in guerra, ma al fianco di Londra, Parigi, Mosca, Roma…
Non dilungandomi troppo sullo scenario bellico, ci basti sapere che il Regno di Romania dichiarò la propria ostilità contro Germania e Impero Austroungarico nel 1916 ma, vedendosi interrotto il supporto alleato dopo la caduta dell’Autocrazia russa, finì per capitolare un anno dopo. Pur essendo occupato, il regno mantenne l’ostilità formale con gli Imperi Centrali e questo piacque un sacco all’Intesa. A Parigi, quando si discussero i vari trattati di pace, la prima delegazione romena non fece proprio bella figura. Così Ferdinando I, in accordo col governo, diede l’incarico alla regina Maria, l’unica in grado di poter rappresentare il volto radiante di una Romania internazionale. Non dimentichiamo come la stessa regina consorte prestò servizio al fronte, barcamenandosi tra ricoveri di fortuna e sale operatorie.
Parigi acclamò Maria al suo arrivo. La regina avrebbe tramutato quell’entusiasmo in capacità dialettica e arguzia diplomatica. Versailles, Saint-Germain, Trianon e Neuilly. Un trattato dopo l’altro, la splendida regina permise alla Romania di estendersi per ulteriori 300.000 km² (l’Italia ne fa 302.073 di km², per intenderci) e di godere di benefici economico-commerciali mai considerati prima d’ora. Voi ipotetici sudditi rumeni, come accogliereste in patria una donna capace di tutto ciò? La risposta più appropriata è quella che effettivamente elevò al rango della glorificazione la donna simbolo della nazione carpatica. Amata, rispettata, osannata, Maria fu l’artefice della seppur labile “Grande Romania” e questo le va quantomeno riconosciuto.
Col trascorrere degli anni il sentimento della gente comune nei suoi confronti non svanì, semmai fu lei a cambiare. Ferdinando I si spense nel 1927 per cancro. Lei prese le redini del paese in un momento di caotica successione ed ebbe il tempo di farsi diagnosticare un tumore al pancreas. Cercò fortuna medica a Dresda, in pieno regime nazionalsocialista, ma niente. Allora tentò un ricongiungimento morale con gli States, posto che adorava ma che non riuscì mai a godersi fino in fondo per impegni istituzionali e il peso della corona. Infine si cimentò nell’orientalismo spirituale, ma fu l’ultima cosa che fece prima di chiudersi in se stessa e spirare a Sinaia il 18 luglio 1938. Fortunatamente non vide ciò che il suo paese stava per affrontare, assecondare, diventare.