Probabilmente sì, si tratta del mestiere più antico del mondo e l’analisi di oggi parte proprio dall’Antica Grecia, dove la prostituzione era molto diffusa e, in alcuni casi, gestita come una professione a tutti gli effetti, con garanzie, retribuzione e ferie (ok, forse sulle ferie abbiamo esagerato). Prendiamo ad esempio Atene, patria della democrazia, che aveva un ricchissimo mercato di prostituzione, sul quale tra l’altro riscuoteva le tasse come da ogni altro lavoro.
Si trattava di una pratica riservata quasi esclusivamente ai soli uomini, soprattutto giovani. I rapporti con giovani donne libere erano malvisti, quelli con donne mature sconsigliati per la possibile ira dei mariti. Non restavano che le “pornai” o i “pornoi”. Il prezzo di tali donne e uomini era abbordabilissimo e venivano reclutati da un pornoboskos (evitiamo di tradurlo in italiano, ma con un po’ di fantasia il suo nome balenerà all’istante).
Molte di queste donne riuscivano però ad emanciparsi dai lupanari, continuando il loro mestiere in autonomia. Trovandosi per strada – e dunque vestite – attiravano meno l’attenzione. Perciò trovarono un’escamotage niente male. Dei sandali particolari, che lasciava un’orma con scritto “ΑΚΟΛΟΥΘΕΙ“, ovvero “seguimi”.
Gli uomini a questo punto capivano che si trattava di una prostituta libera e dunque potevano davvero seguirla se intenzionati ad usufruire dei suoi servizi. Ah, nella democratica Atene anche queste donne pagavano il “télos pornikòn“, ovvero la tassa sulla prostituzione. Ciò perché da Solone (638 a.C. – 558 a.C.) in poi la prostituzione fu istituzionalizzata a tutti gli effetti.
Vi era infine un’ultima categoria di prostitute: le cosiddette “Etere“. Si trattava del top di gamma, il non plus ultra dell’ambito. Le loro paghe erano esorbitanti, arrivando a costare 100 mine, ovvero 3.000 dracme. Per intenderci, si trattava della paga di 8 anni di servizio di un funzionario pubblico. Solo gli uomini più importanti (leggasi sovrani dove vigeva la monarchia, arconti dove a sovrastare era la democrazia) infatti potevano permettersi la compagnia di tali donne, colte nella mente prima ancora che nell’aspetto.
Al contrario di oggi, la prostituzione era dunque un fenomeno all’ordine del giorno, istituzionalizzato e tassato, che creava buoni guadagni allo Stato. Almeno ad Atene, mentre Sparta non rilasciò prove tangibili di una diffusione simile delle prostitute a buon mercato, d’altronde erano sempre impegnati a fare la guerra, più che l’amore.