La pagina più buia della storia contemporanea è di sicuro quella inerente i campi di concentramento e gli esperimenti del famigerato dottor Mengele. La vicenda di oggi li tocca entrambi, quasi li sfiora, perché la pagina più bella della sua vita, Eva Mozes Kor, la scrisse 70 anni dopo tali avvenimenti, quando decise di perdonare i mostri che le avevano fatto tanto male durante l’età florida e idealmente spensierata, almeno sulla carta.
Avere un fratello o una sorella è sempre una grande fortuna. Nel caso di Eva e di sua sorella Miriam, lo fu più che mai. Si trattava di due gemelline omozigote, che arrivarono ad Auschwitz nel maggio del ’44. Gli uomini e gli idonei ai lavori furono subito separati, le donne ed i bambini rimasero in disparte. Un soldato in divisa SS si avvicinò subito alla madre di Eva e urlò “Zwillinge“, ovvero “gemelli”.
Le due piccole lasciarono subito la madre strappate brutalmente da un secondo uomo del regime giunto sul posto. Finirono nelle grinfie del dottor Mengele e divennero tristemente “Versuchstieren“, animali da laboratorio, come li definiva il medico della morte. Gli esperimenti iniziarono subito e le due furono separate per un lasso di tempo in cui Eva sembrava destinata alla dipartita. Alla fine sopravvissero e, nel gennaio del ’45, uscirono dal campo, incontrando un’amica della madre che li portò in Romania da una zia.
In seguito Eva, che sembrava aver strappato la pagina più buia della sua vita e averla gettata nel dimenticatoio, si traferì in Israele. Qui si sposò ed ebbe due figli, facendo carriera anche nell’esercito e covando un odio profondo verso i suoi malfattori. Suoi e dell’intera umanità, quella che i nazionalsocialisti sembravano non avere.
Traferitasi in America, in occasione di una piccola docu-serie, raccolse tutte le forze che aveva in corpo ed iniziò a parlare di quanto vissuto in Polonia. Nel frattempo Miriam aveva seri problemi ai reni, successivamente tramutatisi in un cancro. Le analisi dimostrarono che le letali iniezioni di Mengele non le fecero sviluppare tali organi, che rimasero quelli di una bambina di 10 anni. Non si sa ancora però cosa c’era nelle siringhe dello spietato dottore.
Eva Mozes Kor aprì un’associazione volta a raccogliere tutti i bambini sopravvissuti ad esperimenti e iniziò ad accompagnare annualmente delle scolaresche in visita al campo di Auschwitz. Ma prese una decisione, senz’altro di impatto, per alcuni versi inaspettata: perdonò i criminali che le avevano sottratto l’innocenza della fanciullezza e la tranquillità di una vita serena. Lo fece scrivendo delle lettere in cui concedeva il proprio perdono ai principali vertici nazionalsocialisti. Un piccolo gesto, una grande donna, una storia da ricordare.