La lealtà, si sa, è un valore importante e spesso in crisi ai giorni nostri. Un uomo però d’altri tempi oggi ce la ricorda. Si tratta di Hiroo Onoda, ufficiale dell’intelligence dell’esercito imperiale giapponese. Quest’uomo ha passato 30 anni dopo la fine della guerra, fino al 1975, nelle Filippine, in attesa di arrendersi.
Tutti vi starete domandando allora perché non si arrese. La risposta può essere commovente. Nonostante avesse combattuto per anni lealmente per l’impero giapponese, Hiroo Onoda aveva il compito di arrendersi solo quando un suo superiore glielo avesse ordinato. Ebbene quell’ordine non arrivò e Hiroo continuò a vagare per le foreste delle Filippine.
Non fu l’unico però. Molti combattenti giapponesi, chi perché rifiutava di accettare la resa, chi perché non ne era venuto a conoscenza, continuò a latitare e a combattere finché incrociò nemici (certo che trent’anni mi sembra un po’ esagerato).
All’epoca della sua partenza Hiroo aveva portato con sé: il suo fucile Arikasa 99, la sua katana, dei proiettili, delle bombe a mano e un pugnale gentilmente offerto da sua madre. In realtà glielo donò per fare harakiri in caso di cattura nemica e morire con onore.
Dunque l’onore e la lealtà sono le due caratteristiche che subito vengono in mente pensando ad un eroe come Hiroo Onoda. Inoltre non si trascuri il fatto che non era psicologicamente facile accettare la caduta dell’imperatore, Dio in terra per i giapponesi. Eppure gli ideali di Hiroo sembrano morti nel sorriso beffardo di chi compare nelle foto al suo fianco una volta raggiunto nel 1975. Sembrano sbeffeggiare quell’uomo che è rimasto fedele alla causa.
La storia di Hiroo non è unica. Un altro uomo lo superò, rimanendo nascosto per ben 8 mesi più di lui prima di ricevere l’ordine di arrendersi. Al giorno d’oggi non credo che molti farebbero ciò che ha fatto Onoda, quindi è giusto definirlo un Hero e l’ultimo baluardo dei vecchi valori nipponici.