Quando erano fortunati e godevano di una visuale tutto sommato limpida, i tedeschi vedevano arrivare questi “aerei da granturco” pronti a sganciare circa 200 kg di esplosivo sugli obiettivi sensibili. Erano biplani obsoleti prima ancora che il conflitto iniziasse, ma per quello che si rivelava essere il loro scopo, ovvero sorvolare punti strategici del nemico causando qualche esplosione qua e là, risultavano perfetti. Ben presto, almeno dalla prima metà del 1942, si sparse la voce tra le fila della Wehrmacht e della Luftwaffe: “i sovietici affidano i velivoli a donne-pilota, roba da pazzi”. Quelle signore non più ragazze si fecero conoscere come “Streghe della Notte“.
La loro storia ha inizio grazie a due eventi, uno macroscopico che funse da innesco, l’altro meno portentoso nei numeri ma altrettanto d’impatto: mentre l’Operazione Barbarossa svela al mondo le intenzioni strategico-militari del Terzo Reich, una serie sempre più costante di lettere giungono sulla scrivania di Marina Raskova, aviatrice russa che nel 1935 aveva compiuto la traversata Leningrado-Mosca, prima donna a farlo. Le mittenti sono prevalentemente operaie e giovani studentesse. Esse vedono nella Raskova un esempio da seguire e per questo chiedono a gran voce di potersi arruolare. Una richiesta che l’aviatrice riconduce direttamente all’attenzione di Stalin. Il dittatore, dopo qualche tentennamento, accetta.
Nascono nell’estate del 1941 tre reggimenti di donne-pilota. Abbiamo il 586º Reggimento caccia, equipaggiato con velivoli Yak-1; poi il 587º Reggimento bombardieri, equipaggiato con velivoli Petlyakov Pe-2. Infine il 588º Reggimento bombardamento notturno, equipaggiato con biplani Polikarpov Po-2. La conduzione delle varie operazioni è affidata alla maggiore Evdokija Davidovna Beršanskaja. Oltre all’inquadramento tra i ranghi dell’Aeronautica Sovietica, è curioso soffermarsi per un attimo sul mezzo di trasporto. Esatto, perché quando gli uomini dell’Asse li scambiavano per velivoli agricoli, mica sbagliavano.
Le “Streghe della Notte”, chiamate in questo modo perché letali nelle manovre d’attacco notturne, affidavano ad un aereo fatto di legno e tela le loro speranze non di successo, ma di vita! Quei biplani erano maneggevoli oltre misura, ma lentissimi. Sia chiaro, la lentezza giocava a favore delle donne-pilota. Questo perché la velocità di stallo dei caccia tedeschi, essendo superiore, non permetteva un ingaggio facile dei bombardieri russi, tra l’altro silenziosi.
Nelle gelide notti invernali caratteristiche dell’Europa orientale, queste donne non scendevano neppure dai loro Po-2, sicure di dover partire da un momento all’altro. Il loro sacrificio ebbe un costo: in 31 ci rimisero la vita. Vero anche che il loro coraggio fu premiato con un svariato numero di decorazioni (record tra i corpi femminili sovietici durante la Seconda Guerra Mondiale). 23 “Streghe della Notte” ricevettero la Stella d’Oro dell’eroe, massima onorificenza militare assegnata dall’URSS.
Al termine del conflitto il reggimento (unificato nel ’44 come 46º Reggimento bombardamento leggero notturno delle guardie “Taman”) contava più di 23.000 missioni e un totale di 3.000 t di esplosivo sganciato. Alcune delle aviatrici più attive toccarono le mille operazioni notturne. E anche se volarono su “aerei da granturco”, si fecero sentire eccome.