Ma i Romani come facevano campagna elettorale? All’apparenza può sembrare una domanda banale, ma è la stessa Pompei a svelarci come il sistema propagandistico fosse leggermente diverso dal nostro, almeno nella forma. Gli scavi nella Regio IX hanno svelato questo particolare dettaglio sulla vita politica del centro campano ai piedi del Vesuvio, anche se in realtà potrebbe essere un modello applicabile all’intera romanità.
Tutto è incentrato su iscrizioni elettorali poste sulle pareti. Queste sono interne all’ambiente in cui si trovava il larario, spazio in cui si osservava il culto dei Lari. Un po’ come gli odierni manifesti per il voto, che spuntano fuori come funghi in piena campagna elettorale, tali incisioni si trovavano ordinariamente all’esterno degli edifici. Il perché è abbastanza logico: il popolo passante poteva facilmente notare l’indicazione e, almeno a chi era concesso, agire di conseguenza di fronte alle “urne”.
Fin qui tutto ok, se non fosse che gli addetti hanno scoperto l’incisione all’interno della domus, come mai? Per comprenderlo bisogna chiamare in causa una prassi dei candidati: quella di organizzare cene o banchetti pomeridiani per promuovere se stessi, il tutto dentro la casa, dove si raccoglievano potenziali elettori. Cerchiamo adesso di associare all’iscrizione (in realtà sono diverse, tra poco vedremo) un nome. Aulus Rustius Verus; è su di lui che doveva ricadere il voto per l’importante incarico di Edile, facente parte della magistratura locale.
Sembra che la casa non fosse di Aulo Rustio Vero, ma di un suo promotore, forse un liberto, probabilmente un amico. L’abitazione ospitava anche un grande panificio, dotato di un capiente forno. La scelta è oculata dal punto di vista politico. A. R. V. (questo è uno degli intagli, presenti sulla base di una macina) sapeva di dover far colpo sulla classe produttiva.
Il caro buon vecchio Voto di Scambio era poi una prassi. “Edili e fornai collaboravano ai limiti della legittimità… A. Rustio Vero potrebbe aver capito fin da subito, quando ancora aspirava a diventare edile e nel pieno della sua campagna elettorale, che (soprattutto) di pane vive l’elettore.” – afferma Maria Chiara Scappaticcio, Professoressa di lingua e letteratura latina presso l’Università Federico II di Napoli.
La collaborazione finanziaria tra Aulo Rustio Vero e lo sconosciuto panettiere era volta ad un favore elettorale. Cose del genere erano l’ordinaria amministrazione nella Pompei dell’epoca, prima di quel dì d’ottobre del 79 d.C. Prima che la catastrofe cristallizzasse la vita della città, consegnando all’eternità ogni aspetto riscontrabile della società romana, anche quello politico, soprattutto in campagna elettorale. Vota Aulo Rustio Vero!