Un episodio bellico tra la nordica Danimarca (che all’epoca in cui ci stiamo calando si chiamava Danimarca-Norvegia, perché unione dei due regni sotto l’unica corona degli Oldenburg, almeno fino al 1814) e la mediterranea reggenza di Algeri? Allora tutto è possibile! A parte gli scherzi, tra il 1769 e il 1772 ebbe luogo la cosiddetta Guerra danese-algerina, che in fin dei conti non arrise a nessuna delle due fazioni in campo. A vincere la contesa, semmai, fu un’epidemia di tifo. Avevo la vostra curiosità? Spero di aver ottenuto la vostra attenzione.
Una tendenza che riguardò l’intera area mediterranea tra il XVI e il XIX secolo fu senz’altro la propensione dei corsari barbareschi ad assaltare i mercantili dei vari Stati europei in transito. L’unico modo per evitare questi spiacevoli “inconvenienti” era quello di pagare un tributo al governatore dello Stato Barbaresco di turno. La reggenza algerina, formalmente suddita della Sublime Porta, de facto autonoma politicamente parlando almeno dalla sua nascita (Aruj Barbarossa, scelgo te!), fece di questi tributi la base delle sue entrate monetarie annuali.
Già a partire dal primo Settecento, la Danimarca-Norvegia (o Regno di Danimarca, basta che ci capiamo) implementò i suoi traffici commerciali con il Levante. Per farlo, vista la sua posizione geografica, doveva per forza di cose attraversare le Colonne d’Ercole e vedersela con il Dey di Algeri. Capitava spesso che i marinai danesi, attaccati dai corsari barbareschi, finissero schiavi in qualche mercato nordafricano. La Danimarca quindi istituì una Slavekassen (Cassa per gli schiavi) – seguendo un modello collaudato da molto tempo dalle varie città italiane, citiamo ad esempio Genova, che per la questione aveva dato vita ad un Magistrato apposito. Lo dice il nome: era un fondo dal quale attingere per la liberazione dei sudditi danesi, senza gravare sulle spalle delle famiglie. Queste il più delle volte erano povere e quindi impossibilitate a procedere in tal senso.
Succede che Cristiano VII, salito al trono nel 1766, deve ridiscutere le clausole per il pagamento del tributo al nuovo Dey di Algeri. Si da il caso che quest’ultimo, l’egregio Baba Mohammed ben-Osman, richieda più soldi di quanti il re danese voglia spenderne. L’accordo salta e tempo zero qualche uomo di mare danese finisce nei mercati tripolitani, sotto veste di schiavo. Così re Cristiano (in realtà il suo medico, vero detentore del potere regio, vista l’instabilità mentale del sovrano) ordina l’invio di due fregate, due galee e quattro navi di linea per il bombardamento di Algeri. Si vede che la testa coronata danese ha studitato dai francesi e dagli inglesi. Comunque le ostilità iniziano effettivamente nel maggio del 1770. I cannoni tuonano, ma non ottengono un granché.
Allora si decide per un blocco navale. Sicuramente il Dey si arrenderà e le richieste danesi-norvegesi verranno quantomeno prese in considerazione. Il destino la pensa diversamente. Nel convoglio navale scoppia una grave epidemia di tifo, che dall’oggi al domani decima il contingente danese-norvegese. Ne muoiono circa 500.
Qualcuno dalle parti di Copenaghen comincia a pensare che il gioco non valga la candela. Il tifo e gli scarsi risultati bellici costringono una delegazione reale a recarsi dal Dey, chiedendo la pace. Algeri ne esce rafforzata dall’innalzamento del tributo e dal pagamento singolo per ogni schiavo nordico catturato. Termina così, nel 1772, una storia che la Danimarca non ama ricordare (e infatti poco se ne sente parlare) ma che ripropose, in salsa ottomano-algerina, la centralità che gli Stati Barbareschi ebbero negli equilibri commerciali mediterranei almeno fino ai primi decenni dell’Ottocento. Cosa accadde in seguito? Chiedetelo ai francesi, che per un ventaglio scatenarono un’invasione su larga scala in Nord Africa.