Le cronache di guerra dell’antica Grecia erano solite attuare una distinzione sul campo di battaglia. Da una parte c’era l’eroe greco puro, kalòs kai agathòs (“bello e valoroso”), strenuo difensore della polis e della libertà. Dall’altra i brutti, sporchi, forse maleodoranti mercenari, rei di combattere al soldo di qualcuno che non aveva voglia di sporcarsi le mani. Una sorta di “diffamazione storiografica” molto cara ad alcuni autori stimati come Erodoto o Diodoro Siculo. Tuttavia, per quanto essi (e molti altri) cercassero di nascondere la scomoda verità, questa è emersa grazie al lavoro di archeologi e genetisti. Anche i Greci si avvalevano di corpi mercenari in guerra. A sentenziarlo è la necropoli di Himera, in Sicilia.
Per carità, la scoperta in sé è di fondamentale importanza, ma a livello di critica storiografica non fa altro che avvalorare una tesi ben radicata nel tempo. Nessuno ha mai davvero creduto ai vari Tucidide, Senofonte, lo stesso Erodoto. Impossibile pensare che i Greci combattessero (e vincessero) con le loro sole forze grandi scontri dai quali esiti si sarebbe definito l’assetto politico, economico e militare del Mediterraneo. Ma questa “spontanea certezza” fino ad adesso si poggiava su carenti prove. Fino ad ora, appunto.
Sì, perché i resti scheletrici di 54 individui, prelevati dalla necropoli di Himera e da altre località della Sicilia occidentale, ci hanno aiutato enormemente a ribadire questa scomoda verità. Prima di affrontare l’esito dello studio, ci vuole un minimo di contesto storico. Tanto i Fenici (e in particolar modo quelli di Cartagine) quanto i Greci dell’Egeo, a partire dal V secolo a.C. tentarono un espansionismo territoriale e commerciale verso il Mediterraneo centrale e orientale. I due vettori spesso si scontravano. Fu il caso della Sicilia. Himera, colonia greca non lontana dall’odierna Palermo, fu il teatro di battaglia tra ellenici e cartaginesi, per ben due volte.
Il primo round se lo aggiudicò una salda alleanza tra imeresi, siracusani e agrigentini, nel 480 a.C. Mentre il secondo round andò in scena 71 anni dopo, nel 409 a.C., in cui ad avere la meglio furono i cartaginesi di Annibale Magone, che memori dell’umiliazione passata, rasero al suolo una delle più importanti poleis magnogreche. Restò viva la memoria di quegli eventi nella necropoli di Himera, sede delle indagini a cui ci riferiamo, in essere dal 1990.
Due fosse hanno attirato l’attenzione dei ricercatori. Una “ordinata e pettinata” – per utilizzare termini non del tutto tecnici – realizzata nel 480 a.C. per commemorare i caduti dell’esercito vittorioso. L’altra del 409 a.C., in cui i corpi degli sconfitti furono ammassati in modo meno attento. Entrambe le fosse, da cui sono stati analizzati alcuni dei 54 scheletri precedentemente citati, hanno sentenziato un fatto prettamente genetico.
Parte dei caduti in battaglia proveniva dall’area alto-balcanica, dal Caucaso e addirittura dalle steppe euroasiatiche. Insomma, dal progetto di ricerca emerge come anche l’attività militare, oltre a quella commerciale, garantì l’edificazione di un sistema cosmopolita mediterraneo, portavoce di un mondo fatto di grandi spostamenti. In buona pace dei più grandi autori classici del tempo, consci di ciò, eppure ammaliati da una “purezza” solamente ideologica.