Senza vino e senza acqua, dove vogliamo andare? Ce lo chiediamo scherzosamente noi oggi, nel XXI secolo, ma se lo chiedevano con meno ironia gli Assiri più due millenni e mezzo fa. Gli archeologi dell’Università di Udine, guidati dal Prof. Daniele Morandi Bonacossi, sviluppando delle apposite indagini geofisiche nella regione del Kurdistan iracheno, si sono imbattuti in quelli che sembrano essere gli acquedotti più antichi della storia, almeno tra quelli che annoveriamo nei cataloghi della conoscenza. Ma le notizie non si limitano a ciò…
Il Progetto Archeologico Regionale Terra di Ninive (PARTeN) ha come palese obiettivo quello di riscoprire il passato dell’Impero Assiro e, più in generale, dell’antico Vicino Oriente. Nel concreto, il lavoro di esperti archeologi risulta essere di primaria quanto basilare importanza. Essi hanno riportato alla luce, nell’area di Shiv Asha, un magnifico e colossale acquedotto voluto dal sovrano assiro Sennacherib (740 a.C. circa – 681 a.C.) tra il VII e il VI secolo a.C.
L’acquedotto di Shiv Asha – in buona compagnia in quanto parte di un complesso più ampio, risalente alla stessa epoca – è interamente realizzato fin dal suo nucleo interno in pietra, rivestito in conci di calcare squadrati. In alcuni punti la struttura raggiunge anche i 20 metri di larghezza. I monumentali acquedotti mesopotamici, più lontani nel tempo rispetto alla controparte romana di almeno 400 anni, servivano a deviare parte dell’afflusso idrico per favorire l’irrigazione in alcune zone strategiche dell’impero oltre che condurre acqua nella capitale Ninive, odierna Mosul.
Dall’acqua passiamo al vino, meglio vero? L’équipe d’esperti ha rinvenuto, nell’ambito del medesimo progetto, 14 vasche vinarie scavate direttamente sulla roccia calcarea. Questi incavi si trovano sul lato della collina che sovrasta il sito archeologico di Khinis, l’antica Khanusa assira per intenderci. Anche in tal caso parliamo di una scoperta inedita. Se le ulteriori analisi confermassero la datazione preliminare, le 14 vasche per la spremitura dell’uva risulterebbero essere le più antiche mai trovate nell’intera area mesopotamica.
Torniamo alla “sobrietà” dei canali assiri, voluti dal già citato Sennacherib (ma anche dal padre predecessore Sargon II). Le opere idrauliche non colpiscono solo in efficienza e portata, ma eccellono anche nell’estetica. I sovrani assiri vollero abbellire i chilometrici canali con dei grandi pannelli scolpiti nella pietra. In alcuni casi, oggi fortunatamente testimoniabili, essi raggiunsero i 2 metri di altezza e i 5 metri in larghezza.
Il team, che non è composto solamente da archeologi ma anche da restauratori, geologi, fotografi, disegnatori e topografi, è ancora al lavoro. Si sta proseguendo l’indagine geochimica e idrogeologica per quanto riguarda un canale riscoperto per 150 metri buoni. Due rilievi decorativi sono tornati alla luce. La speranza è che siano i primi di tanti altri, ma con questo ritmo, non abbiamo pressoché dubbi sull’esito della campagna. D’altronde sono riaffiorati i più antichi acquedotti della storia, cos’altro desiderare…