Da dove iniziare? Quella di oggi è una storia che, per sua intrinseca natura, non può polarizzare. È una vicenda umana come tante, eppure così esclusiva per gli ambigui tasselli che vanno a comporre un puzzle “multicolore”. E sulla semantica dei colori vorrei soffermarmi per qualche secondo in più, perché in me è salda una sola certezza: il mondo non è né nero, né bianco, ma è composto da un’infinita scala di grigi. E su questa policromia si adagia la vita (“che non asseconda giudizi semplici” come disse un critico storico negli anni ’80 del secolo scorso) di Thomas A. Dooley.
Il Missouri è la casa di Dooley dal 1927, anno della sua nascita, fino al 1944, anno del suo arruolamento in marina. Di origini irlandesi, fervente cattolico e talentuoso nel servizio medico. Peccato (per gli USA del tempo, sia chiaro!) sia omosessuale – già questo è un elemento che indica l’ingarbugliata esistenza del dottor Tom Dooley. Finita la guerra, con qualche difficoltà di troppo l’ex infermiere di campo si laurea in Medicina nel 1953. Un anno dopo lo ritroviamo nella Federazione Indocinese, in servizio sulla “USS Montague” durante le operazioni di evacuazione profughi a seguito della sconfitta militare francese. Dooley sbarca in territorio vietnamita e vi rimane per prestare soccorso all’esausta popolazione locale.
Nel frattempo i Grandi del mondo, riuniti a Ginevra nel 1954, convengono tra di loro come il Vietnam debba essere diviso in due dal 17° parallelo. A nord uno stato comunista filo-cinese, a sud uno stato repubblicano presidenzialista (de facto dittatoriale) filo-occidentale, tenuto in piedi dagli USA, rappresentati dalla mano tesa della CIA. E proprio la CIA sceglie con accuratezza i suoi “operatori” sul posto. Gli occhi dell’Agency puntano su Thomas Anthony Dooley. D’altronde è un bravo dottore, attivo nel volontariato umanitario, fortemente anticomunista e conservatore. Giustappunto un ottimo profilo, anzi, perfetto perché ricattabile. Ricordate “l’immorale” dettaglio sulla sua vita privata? Sotto coercizione (almeno questo dice la gran parte della storiografia contemporanea) il medico inizia a lavorare per l’intelligence americana, non facendo passare in secondo piano il suo attivismo umanitario.
Fonda la MEDICO; un’associazione che a sua volta si occupa della costruzione di piccoli centri medici e ospedali nelle zone più sensibili della regione. Grazie a questa creatura associativa (che per carità, fa anche del bene) la CIA ha un aggancio nel territorio. Tuttavia l’obiettivo principale dell’intelligence statunitense è quello di fomentare il popolo americano a favore di un interventismo militare nell’area. Per farlo serve un uomo che viva quella realtà giorno e notte, che sappia cadenzare e pesare le parole, Thomas A. Dooley è l’uomo giusto al posto giusto. Memore dei racconti (inventati e talvolta ingigantiti) dei profughi, il dottor Dooley scrive “Deliver Us From Evil” (“Liberaci dal Male”). Un libro in cui l’odio per il comunismo sconfina nelle fantasie più atroci, in cui si accusano i Vietcong di indicibili crudeltà – donne in dolce attesa sventrate e bambini assordati da bacchette conficcate nei timpani.
Bestseller in America nel 1956. Poco importa che l’amministrazione civile a stelle e strisce stanziata a Saigon smentisca la veridicità di quei racconti (la CIA secreta i rapporti giunti a Washington fino al 1986), il messaggio aizzatore deve passare e in effetti passa, si infiltra nella mente dell’americano medio. Che poi, se un dottore cattolico – ordinariamente fermo su posizioni pacifiste – sostiene l’intervento armato americano in Vietnam del Nord, allora una ragione ci sarà, no? Ma perché Dooley, proprio come un antieroe, arriva a mettere nero su bianco quelle pesanti bugie? Per un intreccio inestricabile di motivi: 1) è sotto costante pressione. 2) mentre stende le pagine del libro si ammala più volte, cadendo nell’allucinazione. 3) Edward Lansdale, capo della CIA a Saigon, potrebbe aver influito nella scelta di alcune parole anziché altre…
Il danno è fatto, eppure in campo medico Dooley continua a salvare vite su vite, prima in Vietnam e poi in Laos. Spinge per i fondi del Congresso destinati agli aiuti umanitari (che non saranno erogati) ed è in prima linea per la dignità della popolazione civile. Un melanoma lo colpisce e nonostante le cure nel gennaio del 1961 si spegne, a 34 anni compiuti. J.F. Kennedy gli riserverà postumo una medaglia d’oro al valore. Negli anni a venire diventerà un’icona del messaggio missionario e più tardi ancora dei valori della comunità omossessuale. Ma se inizialmente parte del popolo statunitense gridò in piazza e per le strade il desiderio di scatenare una guerra inutile in un “posto dimenticato da Dio” (semicit.) fu anche per colpa di Thomas A. Dooley la cui vita non lascia spazio a facili interpretazioni, appunto.