Sapete cos’è il Comportamentismo? Secondo questa branca di studio il comportamento umano è l’unico elemento passibile di analisi per la psicologia, in quanto unica istanza psicologica direttamente osservabile. Padre della psicologia comportamentista fu John Broadus Watson, il quale salì alla ribalta durante la prima metà del Novecento per via dei suoi controversi esperimenti sul “piccolo Albert“.
La teoria di base di Watson, se riassunta in soldoni, è anche facilmente comprensibile: ad uno “stimolo negativo” il paziente risponde “negativamente”, mentre ad uno “stimolo positivo” esso risponde “positivamente”. Ivan Pavlov fece fortuna accademica con i suoi studi sul riflesso condizionato (cani che associavano il suono della campanella all’arrivo del cibo, appunto, riflesso condizionato). Ma se lo scienziato russo riuscì a dimostrare le sue posizioni sperimentando sul mondo animale, Watson volle provarci su quello umano.
John B. Watson, uno dei pionieri della psicologia moderna, scelse un bambino nell’ospedale in cui lavorava, la Phipps Clinic, struttura locata nella Johns Hopkins University di Baltimora. I parametri di scelta erano espliciti: serviva un individuo emotivamente stabile ma con scarse possibilità di vita a lungo termine. La scelta ricadde su Douglas Meritte, un neonato di neppure un anno affetto da idrocefalia. Non si sa, ad oggi, se la scelta fosse presa in accordo con la madre (balia presso la stessa clinica) o meno. Ciò che sappiamo, è che quel bambino sarebbe tristemente passato alla storia come il “piccolo Albert”.
Affiancato dalla collaboratrice Rosalie Alberta Rayner (che fu per il bambino una sorta di falsa figura materna…), John Watson annunciò di voler condizionare il piccolo a tal punto da infondere in lui una fobia. Prima dell’esperimento vero e proprio, datato 1920, Watson e Rayner studiarono la reazione del neonato a stretto contatto con diversi animali – un topo bianco, un cane, un coniglio, una scimmietta, poi delle maschere, della lana, il fuoco e così via. Stimoli che però non ebbero alcun effetto su Albert.
All’età di 11 mesi, Albert entrò nel vivo dell’esperimento. Posizionato su un ripiano assieme ad un topo bianco ingabbiato, il bambino era invogliato a giocare con l’animale. Tuttavia, al tentato approccio con il simpatico topolino, un forte rumore metallico l’avrebbe spaventato (stimolo negativo-risposta negativa). In seguito il bambino avrebbe evitato a tutti i costi il contatto con il topo da laboratorio, perché associato al terrore di quel suono. Tanto Watson quanto Rayner vollero rincarare la dose, aumentando la portata della fobia. In 17 giorni riuscirono ad instillare in Albert la paura per il cotone, le pellicce, le coperte, persino per la barba della maschera di Babbo Natale.
Quando l’esperimento si concluse, Douglas Meritte aveva un anno d’età. Sopravvisse per altri 5 anni, preservando tutte quelle (ipoteticamente irrazionali) paure. La storia del piccolo Albert segnò una sorta di spartiacque nel mondo della psicologia. In seguito lo Stato partorì una legislazione per vietare la sperimentazione su cavie umane inconsapevoli/non consenzienti. L’approfondimento di una branca di studio comportò l’irrigidimento delle già precarie condizioni di vita di un essere umano innocente. Progresso, ma a che prezzo…