Cosa sarebbe rimasto di loro se non la cenere? In che modo avremmo potuto scoprire i dettagli del loro quotidiano se non fosse stato per quel vibrante ottobre di fuoco e lava del 79 d.C.? Se la nota eruzione vesuviana non avesse mai avuto luogo, forse gli schiavi di Pompei non avrebbero mai dialogato con la storia, non avrebbero mai “parlato” con noi…
Nuovi aspetti della catastrofe naturale emergono grazie agli scavi di Villa Civita Giuliana. In tal contesto, gli archeologi hanno trovato l’accesso ad un ambiente inedito, vergine all’occhio esperto: la stanza degli schiavi. Le immediate analisi, coadiuvate da ricerche di carattere storico e sociale, permettono una riflessione sulla quotidianità – spesso ignorata – degli ultimi nel mondo romano, repubblicano e imperiale.
A pochi passi dal sito dove nel 2021 gli addetti ai lavori riportarono alla luce un meraviglioso carro cerimoniale, torna alla luce per l’appunto questo modesto alloggio servile. Chi riposava qui, era solito occuparsi della totale manutenzione della villa patrizia. Sforzo fisico che, tra le altre cose, comportava una particolare attenzione rivolta alla preparazione del carro.
Il collegamento non è messo lì a caso. All’interno dell’ambiente gli archeologi hanno rinvenuto una cassa dal contenuto significativo. Reperti metallici e oggetti in tessuto sembrano indicare una loro funzionalità se accostati ai finimenti dei cavalli. A ciò aggiungiamo il ritrovamento di un timone da carro (di cui si è immediatamente realizzato un calco). Poi i letti, comodissimi e lussuosi… Poche assi di legno lavorate alla bella e buona, assemblabili a seconda dell’altezza di chi voleva utilizzare il giaciglio.
Una delle brandine misura neppure 140 centimetri. Sicuramente apparteneva ad un ragazzo/bambino. La rete dei letti era composta da corde mentre le coperte erano in tessuto. Anche qui si è lavorato con la tecnica del calco. Sotto le brande erano pochi gli effetti personali: anfore, brocche in ceramica e l’immancabile vaso da notte. La stanza non presenta decorazioni parietali e ha come fonte d’illuminazione una finestrella alta. Sì dormitorio questo di Pompei, ma anche ripostiglio, come dimostrano le numerose anfore vuote ritrovate.
A conclusione dell’articolo, le parole del direttore Gabriel Zuchtriegel: “Si tratta di una finestra nella realtà precaria di persone che appaiono raramente nelle fonti storiche, scritte quasi esclusivamente da uomini appartenenti all’élite. È un caso in cui l’archeologia ci aiuta a scoprire una parte del mondo antico che conosciamo poco, ma che è estremamente importante”.