Le forze congiunte dei Carabinieri subacquei di Genova e Roma, con l’ausilio dell’autorità locale per la Tutela Patrimonio Culturale, hanno permesso il rinvenimento di una nave oneraria romana al largo di Civitavecchia. Si è giunti alla scoperta dopo una straordinaria attività investigativa, che ha coinvolto diverse entità istituzionali.
Le prime stime datano il relitto al II-I secolo a.C. Si tratta per l’appunto di una nave oneraria romana, ovvero un’imbarcazione utilizzata per scopi prettamente commerciali. All’epoca tardo-repubblicana, navi di questo tipo erano dotate di un numero esiguo di remi (utilizzati per le operazioni di attracco e per il salpamento). Ciò comportava la messa in risalto di due caratteristiche principali: l’ampio spazio per il carico; il prevalente utilizzo delle vele in mare aperto.
Le navi onerarie romane erano dotate di due o tre alberi, un doppio timone facilmente manovrabile grazie ad una barra trasversale chiamata clavus. Per quanto riguarda il tonnellaggio, questo poteva variare in base alle esigenze mercantili o alla capacità originaria. Si può dire però come la maggior parte delle imbarcazioni di questa tipologia presente nel Mediterraneo potesse contare su un tonnellaggio di 3.000 anfore (l’anfora era l’unità base per determinare il peso di un carico; un’anfora corrispondeva a 50 kg circa). Facendo un veloce calcolo matematico, queste navi trasportavano carichi pari a 150 tonnellate.
Ed è proprio il carico di questa nave al largo della costa di Civitavecchia a destare stupore. Il robot sistema ROV (Remotely Operated Vehicle) manovrato a distanza a 160 metri di profondità, ha fornito del materiale video non indifferente. Anfore vinarie di tipo “Dressel 1 B” componevano un raggruppamento largo 12 metri e lungo 17. Da ciò si presuppone che il mercantile potesse superare quantomeno i 20 metri di lunghezza.
La strumentazione ha rilevato anche la presenza dell’ancora metallica, facente parte della dotazione navale romana. Resta da capire come e perché la nave sia affondata, anche se le prime ipotesi risultano essere le più valide. Molto probabilmente il mare in tempesta non risparmiò il legno, tra l’altro estremamente simile a quello rinvenuto al largo di Marausa.
Scrive così l’Arma dei Carabinieri in un comunicato: “L’eccezionale scoperta rappresenta l’importante esempio del naufragio di una nave romana che affrontava le insidie del mare nel tentativo di raggiungere la costa e costituisce testimonianza delle antiche tratte commerciali marittime. Lo straordinario rinvenimento è il frutto della sinergia e delle competenze tecniche e investigative dei comparti di specialità dell’Arma dei Carabinieri, in cooperazione con le conoscenze storico-scientifiche del Ministero della cultura, rivestendo notevole rilevanza archeologica, artistica e storica, e mettendo in evidenza ancora una volta il valore che lega l’attività di archeologia subacquea con quella tipica degli organismi investigativi”.