A Ora, in Trentino Alto-Adige, nel 2007 ci fu un’importantissima scoperta di tre scheletri antichissimi. Mentre si lavorava alla circonvallazione nel tratto in questione, le ruspe interruppero il loro lavoro, c’era qualcosa di importante da preservare. La missione, affidata ad un’equipe di archeologi a guida di Jasmine Rizzi, si concluse con l’importante recupero dei resti dei tre.
In questi giorni, a distanza di oltre 15 anni, un articolo sulla rivista scientifica “Journal of Archaeological Science” dà una importante notizia: due dei tre umani dell’Età del Bronzo sono padre e figlio. Lo studio è stato condotto dall’EURAC, un ente di ricerca privato con sede nella vicina Bolzano che da tempo studiava i resti.
Al momento del ritrovamento c’erano già delle remote idee di parentela. Il fatto che i due scheletri adulti sembravano di due uomini frenò però l’entusiasmo. Si pensò che non si potesse trattare di una famigliola. La nuova ricerca basata sul DNA antico rivela infatti che tali supposizioni erano concrete e reali.
I due adulti, databili tra 2700 e 3000 a.C., sono infatti due uomini, ma la vera novità è che si tratta proprio di padre e figlio. Non c’entra infatti il neonato, i veri protagonisti sono i due in questione. Analizzando il corredo cromosomico di entrambi infatti emerge una parentela di primo grado.
A confermarlo è la genetista Valentina Coia. Dall’analisi incrociata del cromosoma Y, trasmettibile solo per via paterna, e quella del DNA mitocondriale, che si trasmette al contrario solo per via materna, non restano dubbi. I due adulti avevano un legame parentale di primo grado!
La novità negativa è invece che non si possono svolgere test sul neonato, per evincere qualche tipo di parentela anche per lui. Le odierne tecniche di rilevamento genetico non consentono il prelievo da così piccoli e scarsi resti. In ogni caso una nuova notizia l’abbiamo, sperando di sapere la verità un giorno anche sul piccolo protagonista.