Alchimia, ingegneria, esoterismo, massoneria, medicina; questo ed altro era al centro dei pensieri di Raimondo di Sangro, il Principe di Sansevero. A lui si devono molte invenzioni dal carattere come minimo peculiare, ma alcune in particolare, sulle quali concentrerò la mia narrazione, rappresentano ad oggi uno dei più grandi misteri che la città di Napoli possa custodire. Prima di affrontare il tema delle “Macchine Anatomiche“, ritengo sia giusto spendere due parole sul personaggio storico.
Uno degli esponenti più riconoscibili del primo Illuminismo italiano è senz’altro il Principe di Sansevero, conosciuto a Napoli anche solamente come “il Principe”. Nato nel 1710, di sangue nobile, Raimondo ha sete di conoscenza. Non vuole solo possederla, ma manipolarla per i più disparati fini. Oltre a ciò, se oggi alcune perle artistiche risiedono nella città partenopea, lo dobbiamo proprio al mecenatismo che contraddistinse il Principe di Sansevero. Ne citiamo giusto un paio, sulle quali un domani forse ci soffermeremo: Il Disinganno, Il Cristo Velato, la Cappella Sansevero, ecc…
Appunto inventore, in un’epoca in cui ideare era richiesto e sollecitato. A lui si deve la realizzazione di una carrozza marittima mossa da ruote a pale, trainata da cavalli in sughero, così come al Principe si deve la creazione di un lume sempre acceso, il quale sfruttava un combustibile misterioso di cui non sappiamo nulla. La creatività e la voglia di sperimentare non mancavano di certo al nobile napoletano. Il popolo della capitale poi era a conoscenza delle sue “aspirazioni” e ingigantiva talvolta la realtà dei fatti. Per alcuni anni si è pensato che Raimondo di Sangro fosse in grado di resuscitare vegetali definitivamente morti o dar vita a creature meccaniche. Un dio in terra praticamente.
Senz’altro la traccia più limpida, oggi attestabile, della sua fantasia creativa sono le cosiddette “Macchine Anatomiche”. Esse riproducono fedelmente (o quasi) l’apparato circolatorio di un corpo maschile e di uno femminile. Su queste due figure si discute da un paio di secoli ma il mistero, incredibilmente, permane. Partiamo dalle ombre: durante la seconda metà del XVIII secolo le conoscenze sull’apparato cardiocircolatorio non erano ancora evolute; si sapeva qualcosa ma non abbastanza da poter realizzare delle “copie” così dettagliate. Inoltre, ben guardando i due esempi, sembra impossibile che una mano umana possa intrecciare con tale minuzia tutti quei fili.
Diverse leggende sono nate e si sono diffuse sulle Macchine Anatomiche del Principe di Sansevero. Lo stesso Benedetto Croce ha contribuito alla loro fortuna. In realtà, grazie all’analisi medico-scientifica, oggi possiamo fornire qualche risposa: i filamenti che rappresentano arterie, vene e capillari sono fatti di fibra, cera e fil di ferro. In essi non è presente alcuna traccia di sostanze chimiche (addio alla leggenda dei servi dal sangue metallizzato). Ok, va bene, ma ho detto in precedenza che il mistero sopravvive, perché?
Ebbene, se da un lato gli esperti dell’University College of London sostengono come essenzialmente i fili siano disposti in modo notevole, ma non precisissimo, i medici dell’Ospedale San Gennaro di Napoli rispondono asserendo come un tale apparato permetta la sopravvivenza di un’essere umano. Le Macchine Anatomiche (che Raimondo di Sangro acquistò da un medico siciliano) manterrebbero la loro aura di perfezione in un momento storico in cui questa perfezione scientifica non era minimamente conosciuta. Napoli conserva questo mistero. Chissà per quanto ancora…