All’interno del panorama di grande riottosità della Germania del Cinquecento, aizzata dalla riforma luterana, si innesta un particolare quanto tragico esperimento di comunismo ante litteram. Nel 1534, infatti, a seguito della Rivolta di Münster, si istituì un governo portavoce dell’uguaglianza fra gli uomini e un’eguale distribuzione della ricchezza. Ma facciamo un paso indietro.
La città di Münster, situata nel nord-ovest della Germania, era la sede di un principato vescovile. Significa che il vescovo, oltre ad officiare i suoi impegni ecclesiastici, disponeva anche di un potere temporale sulla città e sul contado circonstante. Era quindi il signore della città-stato di Münster. La carica vescovile, elettiva, era appannaggio della classe nobiliare. In quel momento sedeva sulla cattedra episcopale Francesco di Waldeck, il quale utilizzava la sua posizione per rafforzare i propri interessi e quelli della sua famiglia. La Riforma luterana giunse anche a nord della Ruhr, dove era sostenuta dalla borghesia mercantile, in contrasto con la nobiltà assai restia a rinunciare ai propri privilegi. Sullo sfondo di stagliavano i ceti più poveri, speranzosi di migliorare la propria condizione.
Il principe-vescovo non riuscì a contenere il propagarsi della Riforma e nel 1532 tutte le chiese cittadine si convertirono al nuovo indirizzo riformatore. Inoltre, a riscuotere maggiore successo furono le predicazioni di due Bernard, Knipperdolling da una parte, Rothman dall’altra. Costoro si eressero a difensori dei più deboli promettendo l’attuazione di una “giustizia terrena”. Sostenevano l’abolizione delle gerarchie ecclesiastiche, la posticipazione del battesimo, da compiersi coscientemente in età adulta e l’assoluto pacifismo.
Le idee rivoluzionarie professate a Münster attirarono nella città numerosi anabattisti, frangia più radicale del movimento riformatore (e perciò vennero cacciati ovunque; Carlo V, allora sacro romano imperatore, ne decretò la condanna a morte). Fra costoro vi sono anche Jan Matthyd e Giovanni di Leida, olandesi, i quali contribuiscono ad aizzare ancora di più la folla. Nel febbraio 1534 esplose la rivolta, poi passata alla storia come “Rivolta di Münster”: le autorità vescovili fuggirono, Knipperdolling divenne il sindaco di quella che fu ribattezzata la “Nuova Gerusalemme“.
Il nuovo governo cittadino impose la conversione all’anabattismo, pena la confisca di tutti beni e l’espulsione. La promessa ridistribuzione della ricchezza si attuò nella forma di un comunismo assai estremo, con l’abolizione del denaro e la comunione dei beni e persino delle donne. La risposta del detronizzato principe-vescovo non si fece attendere. Già nell’aprile del 1534, Francesco di Waldeck, alla testa di 2.500 uomini, pose sotto assedio Münster, sconfiggendo e uccidendo in battaglia Matthyd che era uscito dalle mura della città per affrontarlo. Gli insorti provano a resistere, ma alla fine fame ed epidemie indussero gli assediati a cedere, aprendo le porte all’esercito del principe-vescovo.
L’esperienza della Comune di Münster si chiuse quindi nel giugno del 1535, con una violentissima rappresaglia da parte di Francesco di Waldeck. Ne fecero le spese innanzitutto Giovanni di Leida, Knipperdolling e Krechting. Essi fuorono torturati, giustiziati e infine chiusi all’interno di gabbie metalliche appese al campanile della Cattedrale di San Paolo. Un macabro monito per chi intendesse ancora rivoltarsi all’autorità vescovile.