Quando Dante, in piena estasi poetica, ci narra del suo incontro con le Tre Fiere (Inferno – Canto Primo), lo fa perché pervaso da una concezione culturale comune per gli uomini del suo tempo, acculturati e non. In un’epoca in cui senz’altro la superstizione la faceva da padrona, durante la quale le nozioni scientifiche erano quello che erano, si doveva pur trovare una spiegazione alle cose. Poco importava se la concreta razionalità lasciava spazio alla logica religiosa-spirituale. Sebbene non sia una premessa esaustiva (ci sono trattazioni tomistiche in merito e vi anticipo che sono un bel “mattoncino” per chi non mastica la filosofia estetica medievale) è quanto basta per parlare di Bestiari. Cosa sono?
Bene, in realtà descrivere un Bestiario (o Bestiarium, che dir si voglia) non è cosa complicata. Si tratta di testi illustrati che si concentrano sulla descrizione di animali – reali e non. Descrizioni affiancate però da interpretazioni in chiave simbolica o religiosa. Per comprenderci meglio, faccio subito qualche esempio. Uno dei testi antichi sui quali si è poggiata la successiva trattazione alto-medievale è senza ombra di dubbio Il Fisiologo, dall’autore ignoto, redatto ad Alessandria d’Egitto tra il II e il III secolo d.C.
Proprio Il Fisiologo assolveva al compito al quale avrebbero assolto i Bestiari secoli dopo: privo di immagini, forniva una descrizione dei vari animali, elaborando una loro interpretazione moralizzante e cristiana. Perciò il leone, considerato sovrano nel regno animale, poteva tranquillamente simboleggiare Cristo. Il testo scritto in greco, fu immediatamente tradotto in latino e nel corso dei secoli aggiornato, con immagini pressoché didascaliche. Non mancarono spunti provenienti da autori latini: Plinio il Vecchio, Solino, Sant’Ambrogio.
Una prima testimonianza di bestiario altomedievale risale all’VIII secolo, anche se bisogna dirlo, si tratta di un esempio peculiare. Il Liber monstrorum de diversis generibus (letteralmente il Libro dei diversi generi di mostri) tratta solamente animali fantastici. Essi sono frutto della creatività mostruosa ma non tendono a moralizzare, non hanno la pretesa si simboleggiare qualcosa. Il testo punta solamente a stupire il lettore, tipico del mirabilia medievale.
Tra XII e XIV secolo, la diffusione di questi Bestiari è da individuare soprattutto in territorio francese ed inglese. La loro “fortuna editoriale” (passatemi il termine) fece sì che altri testi, simili per impostazione, ma diversificati per argomento, prendessero piede. Tra quest’ultimi non possiamo non citare i Lapidari o gli Erbari. I primi si impegnavano nella presentazione delle proprietà dei minerali; i secondi puntavano sulla delineazione dei caratteri medici insiti nelle piante.
Come ultima dimostrazione dell’importanza culturale che questi particolari testi ebbero, annoveriamo una certificata influenza sulla scultura tanto romanica quanto gotica. Vari soggetti scultorei, in contesti specifici, assumevano un significato chiaro e diretto agli occhi dell’osservatore: la lupa di dantesca memoria indicava una malefica cupidigia. Un drago, posto all’interno di un contesto accurato, stava a significare il peccato. Questa che abbiamo fornito è solo una generica spolverata sul reale impatto che i Bestiari ebbero sul pensiero artistico, religioso, simbolico medievale. Una loro piena comprensione comporta, in alcuni casi, l’inquadramento della mentalità di un uomo del Medioevo. Non è banale.