Il sito pre-Inca di Pampa La Cruz è parte integrante del complesso archeologico peruviano incentrato sulla Cultura Chimu, sviluppatasi nel settentrione costiero affacciato sul Pacifico dal 900 al 1470 d.C. circa. La scoperta di cui voglio rendervi partecipi quest’oggi si inserisce in realtà in un contesto sacrificale molto più ampio e già ben documentato. Tuttavia, lo sconcerto per i numeri e le modalità dell’evento (sensazioni scontate per chi guarda con gli occhi dell’oggi e non con quelli del metaforico altro ieri) non devono offuscare la peculiarità del fenomeno culturale e soprattutto non devono distogliere dallo studio, l’analisi, la comprensione di una cultura neppure così lontana nel tempo.
L’ultima scoperta in ordine cronologico risale a qualche mese fa e riguarda il già citato sito di Pampa La Cruz, nel distretto di Huanchaco (305 km a nord di Lima). I resti ossei di 76 bambini vanno ad aggiungersi ad altri 226 ritrovati dal 2011 ad oggi. In totale fanno 302 esempi di sacrificio infantile, pratica rituale molto comune presso i Chimu. Prima di analizzare nello specifico l’entità scientifica del rinvenimento, è bene spendere due parole sulla tradizione presa in esame. I Chimu, con la loro capitale Chan Chan (su cui in futuro vorremmo dedicare un articolo specifico, perché lo merita davvero), rappresentavano il più evoluto sistema politico, militare e sociale nel nord-ovest sudamericano prima dell’avvento degli Inca (XII secolo).
Le tracce infrastrutturali dei Chimu sono la più notevole testimonianza da loro lasciata ai posteri. Per incentivare e incrementare la produzione agricola, questo popolo diede vita a complessi sistemi idraulici che convogliavano l’acqua dalle vette andine ai campi a coltura. L’ingegno però si palesava anche nell’edificazione di palazzi, strade, mura, residenze popolari, templi. D’altronde parliamo di una società fortemente suddivisa in caste e perciò ricca di riferimenti materiali (sopravvissuti) al ceto d’appartenenza. Ma ad un apparato civile e militare maturo se ne accostava uno religioso e cultuale altrettanto compiuto. Il pantheon della suddetta civiltà viveva di sacrifici e offerte votive. La comprensione di esso permette d’inquadrare la ritualità che circonda inevitabilmente la morte dei 302 (finora) bambini.
I sacrifici infantili non sarebbero collegati tra loro a livello temporale, ma rispondono a necessità contingenti diverse per epoca e stagione. Dobbiamo sforzarci ed immaginare queste pratiche come eventualità sconnesse, materializzabili nell’arco di cinquecento anni (alcuni corpi sono datati all’XI secolo, altri addirittura ai primi decenni del XVI). Il nostro focus comunque è sull’ultimo ritrovamento: quando e perché i 76 bambini di Pampa La Cruz sono andati incontro alla morte rituale? Sul quando c’è difformità, perché il lasso temporale preso in considerazione è abbastanza vario. Si parla di uno stacco che va dal 1250 al 1400 circa.
Sul perché c’è invece maggiore certezza. Sembra che i sacerdoti Chimu praticassero il sacrificio infantile per placare l’ira degli Dei, manifestatasi con forte piogge, inondazioni e disagio diffuso. Purtroppo i saggi del tempo non sapevano come questo cataclisma dalle apparenze divine sia una ricorrenza pressoché quinquennale. Il fenomeno climatico prende il nome di El Niño-Oscillazione Meridionale. Esso prevede di fatto un riscaldamento delle acque superficiali del Pacifico orientale e centro-meridionale.
L’evento di natura climatica conduce ad una duplice conseguenza: alluvioni e mareggiate colpiscono l’area interessata da El Niño, mentre il territorio più lontano da esso conosce siccità e progressiva desertificazione. Il prisma della modernità, al di là di tutto, non deve contrassegnare un giudizio affrettato sulle peculiari caratteristiche di questo preciso passato. Le scoperte archeologiche di Pampa La Cruz forniscono un insegnamento incisivo in tal senso.