Parafrasando Asterix, ma “quanto sono superstiziosi questi Romani”? Non che adesso lo siamo di meno, ma effettivamente gli antichi Romani avevano un sacco di strane e insolite superstizioni. Il fatto è che alcune di queste superstizioni sono arrivate fino al giorno d’oggi.
Le strane superstizioni dell’antica Roma
Andiamo a scoprire quali sono le più insolite e strane superstizioni dell’antica Roma, quali sono giunte fino a noi e cosa si pensa possano aver significato. Perché a volte non è ben chiaro dove tali superstizioni volessero andare a parare.
1 – Portare la sposa oltre la soglia di casa
Una tradizione che perdura ancora oggi, con buona pace della nostra ernia del disco, è quella che vedeva i Romani considerare di cattivo auspicio non portare in braccio la sposa oltre la soglia della nuova casa.
L’idea base era quella di impedire alla sposa di inciampare al suo primo ingresso in casa, cosa che si pensava potesse far arrabbiare gli spiriti che proteggevano quella casa, fra cui le divinità domestiche note come penati.
Si pensa che tale tradizione risalisse addirittura al mito del Ratto delle Sabine. Secondo quanto raccontato dallo storico romano Tito Livio, Roma fu fondata intorno all’ottavo secolo a.C. da banditi. Questi erano quasi tutti maschi e dunque avevano preso l’abitudine di razziare i villaggi dei loro vicini, i Sabini, per rapirne le donne e farle diventare le loro mogli. La tradizione racconta così che lo sposo che portava in braccio la moglie oltre la soglia di casa rappresentasse la riluttanza della sposa a diventare una moglie romana
2 – I confini della città
L’antica Roma aveva stabilito dei confini formali per la città, delimitati da una striscia di terra chiamata “pomerium”. Nessuno poteva costruire in quest’area, contrassegnata da pietre sacre chiamate cippi. Ovviamente man mano che la città cresceva, il pomerium si spostava di conseguenza e così nuovi cippi si aggiungevano per delimitarlo.
Violare il pomerium era considerato un grave reato verso gli dei, tanto quanto insidiare una Vestale. Nel pomerium non erano ammesse armi, anche se i sacerdoti concedevano dispense speciali per le guardie del corpo di magistrati e nobili e per i soldati che prendevano parte ai Trionfi.
Inoltre i magistrati della città, fra cui anche i consoli, dovevano consultare gli auspici della città ogni volta che attraversavano il pomierum.
3 – Auguri
Non nel senso di auguri di buon compleanno, ma nel senso della pratica di predire il futuro studiando il comportamento di volo degli uccelli. Secondo Plinio il Vecchio l’invenzione degli auguri la si dive a un mitologico re greco, ma in realtà già gli antichi Egizi avevano una pratica similare.
L’augurio poteva essere eseguito da sacerdoti specializzati, chiamati per l’appunto auguri. L’idea di base era che il comportamento degli dei, come la direzione del volo e il numero di uccelli negli stormi, riflettesse la volontà degli dei.
Molto famosa la leggenda secondo la quale Romolo e Remo scelsero dove fondare Roma guardando il volo degli uccelli. Remo, infatti, vide sei avvoltoi, mentre Romolo ne vide dodici. Quindi fu quest’ultimo a stabilire di costruire la città dove voleva, cioè attorno al Colle Palatino.
Gli auspici degli auguri furono poi integrati nella religione ufficiale della Roma pagana. Anzi, i sacerdoti romani ad un certo punto allevarono un gruppo di polli sacri. In pratica stabilivano quale fosse il volere degli dei guardando come i polli mangiavano il grano. Se i polli sacri lo mangiavano di gusto, pestando le zampe, allora l’augurio era favorevole. Ma se rifiutavano di mangiarlo, allora era negato. Avete capito dove si andava a parare, vero? Se qualcuno necessitava di un augurio favorevole, bastava tenere a digiuno per un po’ i suddetti polli.
4 – Aruspice
Visto che il metodo dei polli sacri aveva i suoi innegabili limiti (far dipendere il proprio futuro dall’appetito di un pollo poteva causare qualche incertezza), ecco che per scoprire davvero cosa sarebbe successo nel futuro, gli antichi Romani ricorrevano all’aruspice, cioè alla pratica di divinare il futuro interpretando le viscere degli animali sacrificati.
Questa metodica era considerata molto più accurata rispetto a quella degli auguri. Molto probabilmente i Romani ereditarono tale pratica dagli Etruschi, anche se pratiche similari erano presenti anche fra i Babilonesi.
In questo caso l’idea di base era che gli organi interni degli animali, di solito pecore o pollame (non doveva essere bello essere un pollo ai tempi dell’antica Roma), talvolta buoi, sacrificati agli dei, potevano essere un mezzo tramite il quale le divinità rendevano manifesti i loro messaggi.
Già mi figuro la riunione di condominio dell’Olimpo con Giove che legge l’ordine del giorno “Punto 1, decidiamo come comunicare con i mortali” e Apollo, ancora in hangover dalla serata precedente, che salta su dicendo “Ce l’ho, ce l’ho, parliamo ai mortali usando fegato e intestino degli animali”, con le altre divinità che pur di tagliar corto “Genio, approvato, passiamo oltre, che c’abbiamo il prossimo banchetto da organizzare”.
Comunque sia, l’aruspice esaminava il fegato, l’organo più importante in quanto considerato, per chissà quale motivo, la sede dell’anima, ma anche cuore, polmoni, reni, milza e intestino.
Ciascun organo veniva valutato per le sue condizioni generali, se era lucido e pieno o ruvido e raggrinzito. E molto importante era la protuberanza chiamata caput iocineri o testa del fegato: se non c’era, la divinazione era negativa.
5 – Le Vestali
Dell’importanza delle Vestali avevamo già parlato in precedenza. Le sacerdotesse di Vesta (l’Estia greca), la dea romana del focolare, della casa e della famiglia, rappresentavano la purezza della città. Create da Numa Pompilio, era considerato un grande onore entrare a far parte di questa elite (anche se considerato che dovevano fare voto di castità per 30 anni, forse non tutte erano contente).
Il loro compito più importante era quello di tenere sempre acceso il fuoco nel tempio di Vesta. Erano considerate sacre e qualsiasi tentativo di ferirle e ucciderle era punito con la morte. Il che rendeva difficile punire quelle Vestali che infrangevano il voto di castità. Ma i Romani risolsero la cosa escogitando una pena terribile. La Vestale che avesse infranto i suoi voti, infatti, sarebbe stata murata viva in una cella sotterranea con cibo solo per qualche giorno. In questo modo sarebbe morta di fame, ma nessuno avrebbe subito la punizione degli dei perché nessuno le aveva fatto del male direttamente.
Passati i 30 anni, le Vestali, oltre a ricevere beni e terre, se volevano potevano sposarsi. E i Romani credevano che sposare una ex Vestale avrebbe portato fortuna e prosperità. Tanto che alcuni uomini arrivavano a divorziare dalle loro mogli pur di sposare una Vestale.
6 – La mano sinistra
Una peculiare superstizione romana era la convinzione che il lato sinistro fosse malvagio, mentre quello destro rappresentasse il Bene. Questa credenza potrebbe essere stata ereditata dai Romani dai popoli Indoeuropei. Questi pregavano rivolgendo le loro odi al sole mentre sorgeva a est. Così facendo, posizionavano la mano sinistra a nord durante la preghiera. E il nord rappresentava il Male in quanto era la posizione del Regno dei Morti indoeuropeo.
Anche Greci, Germani e Celti erano dello stesso avviso dei Romani. Questo vuol dire che quando gli uccelli volavano a sinistra, era un augurio “sinister”, dunque sfavorevole. Per lo stesso motivo i mancini erano considerati inaffidabili. Inoltre i nobili Romani usavano dei servi per entrare in casa prima di loro usando il piede destro.
7 – Incantesimi, streghe, maledizioni e miracoli
Anche i Romani credevano nella magia. Molti scrittori parlano di streghe professioniste che lavoravano a Roma. E durante l’impero di Augusto, molte persone provenienti da altri luoghi portarono a Roma le loro credenze magiche.
Una specialità romana erano le “tavole di maledizione”, incise su fogli di piombo e poi seppellite, gettate in un pozzo o in una piscina, nascoste in fessure o anche inchiodate alle mura di un tempio. Solitamente erano indirizzate a divinità infernali come Plutone, Ecate o Caronte e invocavano punizioni divine violente, a volte anche a seguito di sgarbi banali. A Bath una di queste invocava la mancanza di sonno e salute a chi aveva rubato un costume da bagno!
Molti Romani, poi, credevano che insoliti eventi naturali fossero segni degli dei. Carestie, eclissi di sole e luna, la nascita di animali deformi, piogge di sangue in città lontane erano tutti segnali degli dei.