“Giappone feudale” è il termine storiografico con il quale gli storici esperti dell’argomento indicano il periodo di tempo che va dal 1185 al 1603. Poco più di quattro secoli in cui nell’arcipelago del Sol Levante si è verificato un rapido ma complesso mutamento a livello economico, sociale e soprattutto politico. Proprio perché complesso, l’arco di tempo a cui sto accennando è ricco di curiose sfaccettature, accenni storici sconosciuti al grande pubblico e tendenze inimmaginabili perfino per il più rigoroso degli orientalisti. Con mia somma difficoltà, ho dovuto selezionare solo cinque aspetti interessanti di questo lasso temporale della storia giapponese. Nel mio piccolo, so già che la gran parte dei temi a cui vi introdurrò risuoneranno come estranei, inesplorati. Ma basta con le chiacchiere da bar, iniziamo col divertimento!
1 – I cani sacri del clan Hōjō. Una storia che si intreccia al tradizionale folklore giapponese vede come protagonisti dei cani, ma non cani qualunque, bensì sacri e per questo venerabili! Il clan Hōjō fu una della famiglie più potenti durante il periodo Kamakura (1185-1333), perché detentrice in numerose occasioni della reggenza dello shogunato. Stando alla narrazione tradizionale del clan, il primo reggente Hōjō Tokimasa, ottenne prestigio e potere solo dopo l’avverarsi di una profezia rivelata in sogno da un cane celeste (cane magico). Da allora il clan si erse a protettore degli amici a 4 zampe, minacciando con la morte chiunque avesse osato torcere loro un pelo entro i territori di competenza del clan.
2 – La leggenda delle terre nascoste. Ancora una volta è la cultura popolare a farla da padrona. Durante il periodo Sengoku (1467-1568), notoriamente un’epoca di grande instabilità e conflittualità nella storia del Giappone feudale, si andò via via affermando una sorta di leggenda, che probabilmente aveva un fondo di verità. Tradizione vuole che alcuni contadini o monaci, stanchi di pagare tasse sempre più ingenti, iniziarono a costruire villaggi in luoghi remoti, quasi inarrivabili. Suddetti luoghi, che dovevano essere inaccessibili soprattutto agli esattori, presero il nome di kakurezato (lett. villaggio nascosto). Le fonti che ne attestano l’effettiva esistenza sono esigue ed è per questo che luoghi del genere nel corso dei secoli sono stati associati al mistero. Col tempo andò affermandosi una versione per la quale i kakurezato dovevano essere rifugi segreti per ninja.
3 – Sakè, più di un semplice alcolico. Stando ai resoconti storici, sembra che alcuni Sōhei (i monaci guerrieri di cui già abbiamo parlato in passato) si avvalessero della tipica bevanda alcolica giapponese per ingraziarsi potenti signori feudali o per acquistare i servizi delle forze mercenarie. Seppur in sporadici casi, il sakè divenne a tutti gli effetti un mezzo di scambio.
4 – Il censimento, sì, ma delle spade. Nel corso della storia feudale giapponese si è ricorsi più volte al katanagari. Per chi se lo stesse chiedendo, con questo termine si può intendere il censimento o la diretta confisca delle spade. La ragione è abbastanza intuibile. Quando l’uomo forte del momento assumeva i pieni poteri, aveva tutto l’interesse di evitare sollevazioni nei suoi confronti. Per indebolire l’eventuale forza sovversiva, si procedeva al katanagari. L’episodio più noto risale al 1588, quando Toyotomi Hideyoshi emanò un decreto per disarmare la popolazione civile. Il reggente imperiale riuscì in questo modo a concentrare il potere delle armi esclusivamente sulla classe dei samurai, a lui fedele.
5 – Hai tatuaggi? Sei un criminale. Risale al 1232 il codice Jōei, un corpus di norme regolatorie del vivere comune. Nel codice si trova una voce in cui viene esplicitamente richiesta “l’apposizione dell’inchiostro nero sulla pelle del criminale”. E in effetti nella società del Giappone feudale – e ancora fino ai secoli contemporanei – il tatuaggio fu esclusivo appannaggio dei ceti più infimi, fra cui gli emarginati sociali, i fuori-casta e alcune minoranze disprezzate.