Storia Che Passione
1919-1934: Vienna Rossa

1919-1934: Vienna Rossa

Miseria, fame, malattie e disagio. Questi furono i quattro cavalieri dell’apocalisse che bussarono alle porte di Vienna dopo la fine della Prima guerra mondiale. Il conflitto aveva dissanguato i territori dell’oramai defunto Impero asburgico e, in particolar modo, aveva reso cupa la sua perla fino ad allora più splendente. Eppure nel giro di tre lustri, la “città dei sogni e della musica” mutò sensibilmente la sua condizione, elevandosi ad esempio di riformismo sociale e rinnovamento oculato. Un periodo, quello iniziato nel 1919 e conclusosi nel 1934, al quale la storiografia europea si riferisce col termine “Vienna Rossa“. Ma cosa accadde nello specifico e perché rappresentò un caso più unico che raro nel contesto socio-politico delle capitali europee?

1919-1934: Vienna Rossa

Calò lo sconforto più totale sulla nuova Repubblica d’Austria quando con il Trattato di Saint-Germain si proibì nel modo più esplicito possibile l’unione con la Germania di Weimar. Sia chiaro: l’ideologia pangermanista all’epoca metteva d’accordo tanto i conservator-popolari austriaci, quanto la stragrande maggioranza dei socialdemocratici del Paese. Un altro colpo basso inferto all’Austria fu il limite sull’importazione del grano ungherese, tradizionale fonte d’approvvigionamento per la parte più ricca dell’ex impero.

Fattori demografici ed economici contribuirono al contempo a destabilizzare la situazione a Vienna. La guerra aveva generato una possente ondata migratoria che dall’est convergeva verso ovest, nello specifico dalla Galizia (toccata direttamente dalle dinamiche della guerra civile russa) alla capitale Vienna. Stesso discorso per buona parte dei reduci di guerra, che preferirono trasferirsi nella capitale austriaca invece di tornare nelle poverissime campagne del nuovo e piccolo stato.

Vienna Rossa popolazione affamata

Ma il fenomeno migratorio non fece di Vienna solo un polo d’approdo, bensì anche un centrale punto di partenza. Tutti i funzionari e burocrati dell’apparato imperiale che un tempo abitavano la città, decisero di abbandonarla per tornare nei loro luoghi d’origine. Lo scombussolamento del ceto medio generò effetti negativi a cascata sul resto della società viennese. L’inflazione e la diffusione delle malattie mortali (sifilide, spagnola, tubercolosi) peggiorarono ancor di più una situazione già di per sé critica.

Eppure restava traccia nella capitale della Mitteleuropa di una classe intellettuale sopraffina e soprattutto di rilievo internazionale. Questa giocò un ruolo affatto secondario nella trasformazione della nuova Vienna. Trasformazione che trasse origine da pratiche necessità socio-economiche, intercettate da una determinata anima della politica austriaca: quella socialdemocratica.

Vienna Rossa trasporto pubblico

A livello nazionale il Partito Socialdemocratico dei Lavoratori (Sozialdemokratische Arbeiterpartei – SDAP) ottenne alle elezioni del 1919 il 43% dei seggi. Si incamminò tuttavia in uno scomodo governo di coalizione con il Partito Cristiano Sociale (CSP), decisamente più “attraente” per l’elettorato austriaco. A lungo andare il CSP subordinò lo SDAP, il quale divenne ben presto forza d’opposizione e non più di governo. Questo schema, se calato in un contesto locale, fu valido praticamente ovunque in Austria. Ovunque ma non nella capitale. In quel di Vienna i socialdemocratici assunsero la maggioranza assoluta nel 1919 e la mantennero fino al 1934. Ebbe inizio così un periodo di riforme strutturali che segnarono la fisionomia sociale, economica-industriale, nonché urbanistica della capitale. Un periodo che definiamo “Vienna Rossa”.

Il nuovo sindaco socialdemocratico, Jacob Reumann (1919-1923), diede concreta forma ad un tipo di politica sociale che sino ad allora era rimasta relegata all’ambito dell’ipotetico. Il suo mandato, al quale fece seguito quello ben più lungo e celebrato di Karl Josef Seitz (1923-1934), pose le fondamenta al grande progetto di riqualifica della capitale austriaca.

Le principali iniziative di questo quindicennio riguardarono tre aspetti: l’edilizia popolare; i servizi socio-sanitari; l’istruzione pubblica. L’edilizia pubblica residenziale divenne il primo dei pensieri della nuova amministrazione di centro-sinistra. Fino al 1934 vennero realizzate più di 60.000 Gemeindebauten (case popolari). Dei blocchi abitativi spesso costruiti in mezzo al verde, dalle fatture imponenti e particolareggianti. Il più famoso esempio di Gemaindebau è il Karl-Marx-Hof, complesso residenziale ancora oggi in piedi nel quartiere di Heiligenstadt. Essenzialmente si trattava di un modo per per fornire alloggi dignitosi a prezzi accessibili ai lavoratori.

Vienna Rossa attività ricreative

In ambito infrastrutturale è degna di nota l’apertura nel 1925 della ferrovia urbana elettrica. L’amministrazione comunale rilevò la vecchia ferrovia e malmessa ferrovia d’epoca imperiale, la ristrutturò, elettrificò e riattivò, ponendola a servizio della cittadinanza. Sul modello viennese si basarono tanti provvedimenti simili nelle altre capitali d’Europa (vedasi il caso di Berlino).

Sotto la guida di Julius Tandler, responsabile dell’apparato socio-sanitario viennese, la città si dotò in un lampo di asili, spazi per bambini e doposcuola pomeridiani. Una rivoluzione se pensate che fino a poco tempo prima uno dei più grandi problemi della capitale riguardava la dispersione infantile e la formazione di piccole (di nome e di fatto) bande criminali presenti capillarmente in ogni quartiere cittadino. L’erogazione gratuita di servizi medici fu come una manna dal cielo per le famiglie indigenti afflitte da problematiche salutari di ogni sorta. Al contempo la fornitura di servizi municipalizzati di gas e luce, oltre alla raccolta di rifiuti, contribuì ad elevare gli standard sanitari di Vienna.

Vienna Rossa

Quello che Tandler fece per la salute pubblica, Otto Glöckel – un altro riformatore dell’amministrazione comunale – lo fece per l’istruzione. Egli introdusse riforme nel sistema educativo, promuovendo un’istruzione laica e (cosa innovativa per l’Austria del tempo) accessibile a tutti. Questi ed altri provvedimenti (in ambito fiscale ad esempio) fecero sì che il tasso di disoccupazione scendesse a Vienna sotto i livelli comuni al resto del paese o persino sotto quelli della Germania. Anche la gestione degli investimenti fu pressoché eccezionale, perché i debiti contratti non vennero mai risanati con il credito residuo, bensì con i proventi della nuova tassazione (sui cavalli, il ceto alto, i privati, le grandi industrie automobilistiche).

Lo storico John Gunther nella prima metà degli anni ’50 mise a confronto la realtà della Vienna Rossa con il contesto nazionale. Nelle sue parole: «Lo squilibrio tra la Vienna marxista e la campagna clericale era il motivo dominante della politica austriaca fino all’ascesa del nazionalsocialimo. Vienna era socialista, anticlericale e, come comune, abbastanza ricca. L’entroterra era povero, arretrato, conservatore, cattolico romano e geloso del più alto tenore di vita di Vienna. Nella capitale austriaca i socialisti produssero un’amministrazione notevole, rendendola probabilmente la municipalità di maggior successo al mondo. […] Gli atti dei socialdemocratici viennesi diedero vita al movimento sociale più esaltante del periodo postbellico rispetto a qualsiasi altro paese europeo. Risultato: i clericali li bombardarono fino a farli scomparire