Pochi momenti della storia recente sono stati in grado di scioccare l’immaginario comune come gli attentati dell’11 settembre 2001. Quel giorno gli USA, la più grande potenza del globo, riscoprirono la propria vulnerabilità venendo trafitti al cuore con una ferocia inaudita. Un giorno destinato a cambiare le sorti del mondo intero.
A New York, in quel martedì 11 settembre 2001 pare di vivere una mattinata come molte altre. La Grande Mela si sveglia avvolta dal solito traffico e dalla solita frenesia che la contraddistinguevano. E così pure al World Trade Center, il cuore pulsante di Manhattan nel quale svettano le due Torri Gemelle. Ma quel velo di apparente normalità viene squarciato nel giro di poche ore. Alle 08.46 locali, le 14.46 in Italia, l’aereo American Airlines 11 si schianta fra il 93° e il 99° piano della Torre Nord. Mentre servizi di informazione di tutto il mondo cominciano a trasmettere le prime confuse notizie su quanto stia accadendo, cominciano le prime operazioni di soccorso ai feriti e coloro che erano rimasti intrappolati nei piani più alti.
Un quarto d’ora dopo, alle 09.03, anche la Torre Sud viene colpita: il volo United Airlines 175 la trafigge fra il 78° e l’84° piano. Lo schianto è ripreso in diretta da diverse troupe televisive accorse sul posto. Si capisce quindi che non si sta assistendo un drammatico incidente, ma a qualcosa di più grande: un vero e proprio piano di attacco terroristico. In questi termini si riferisce Andrew Card, capo di gabinetto della Casa Bianca, al presidente George Bush, in quel momento in visita ad una scuola in Florida. Le parole di Card, rimaste iconiche, recitavano: “Un secondo aereo ha colpito il World Trade Center. L’America è sotto attacco”.
Alle 09.37 un’altra profonda pugnalata inferta agli USA: il volo American Airlines 77 si schianta contro il Pentagono, cuore del potere americano. Ma è nell’ora successiva che si consuma tutta la drammaticità dell’evento. Alle 09.59, infatti, implode su se stessa la Torre Sud. Alle 10.28 è il turno della Torre Nord, nelle medesime modalità della sua gemella. I crolli portano con sé migliaia di persone, coloro che non erano riusciti ad uscire in tempo dai due edifici e gli eroici vigili del fuoco che erano entrati nonostante il destino quasi già scritto. Nel frattempo, alle 10.03 si schianta al suolo in Pennsylvania il volo United Airlines 93, dirottato probabilmente per colpire il Congresso o la Casa Bianca.
Lo stato di allarme pervade gli USA: diversi aeroporti sono evacuati e chiusi, sono allertati tutti gli apparati di sicurezza, anche quelli militari. Cominciano a diffondersi le prime voci sul mandante dell’attentato. Si parla di Osama bin Laden, capo di un’organizzazione terroristica islamica radiale di nome Al-Qaida in combutta con i talebani afghani. Quella terribile giornata si conclude con il discorso serale del presidente Bush che promette vendetta per gli attentatori e con le prime conferma circa la matrice dell’attacco.
Negli anni successivi si sono susseguiti studi e dibattiti per comprendere come sia stato possibile colpire al cuore gli USA con tale facilità e gravità. La “versione ufficiale” non ha fugato i dubbi e le dietrologie, che anzi hanno dato vita a numerose teorie alternative. Quello che è certo è il terrificante numero di vittime totali, comprese quelle persone che dagli ultimi piani delle torri, impossibilitate a scendere per via del fuoco dei piani sottostanti, si sono gettate alla disperata ricerca di una salvezza alternativa. E forse proprio quei scioccanti balzi nel vuoto da 400 metri meglio rappresentano la tragicità di quel giorno.